Ambiziosi pechinesi: in Cina si studia l'AI già a 6 anni
- Paolo
- 31 mar
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 4 giorni fa
L’intelligenza artificiale entra ufficialmente tra i banchi di scuola in Cina. A partire dal semestre autunnale del 2025, le scuole primarie e secondarie della capitale Pechino introdurranno corsi strutturati di IA, destinati agli studenti già a partire dai sei anni. La notizia, diffusa da diverse fonti internazionali, ha suscitato grande interesse nel mondo dell’istruzione e della tecnologia, sollevando anche domande sul ruolo della scuola nella formazione digitale delle nuove generazioni.
Un cambiamento epocale
La decisione è stata annunciata dalla Commissione municipale per l'istruzione di Pechino, che ha delineato un piano dettagliato: ogni istituto scolastico dovrà offrire almeno otto ore di insegnamento dedicato all’intelligenza artificiale per ciascun anno scolastico. Le lezioni potranno essere organizzate come materie autonome o integrate in altri insegnamenti, come l’informatica, la tecnologia dell'informazione o le scienze.
Quello che sorprende è la precocità dell’intervento formativo, che non si limita alle scuole superiori, ma inizia fin dalle elementari. Una scelta chiara e strategica, che mira a familiarizzare i bambini con i concetti fondamentali dell’IA fin dalla tenera età, trasformandoli progressivamente in soggetti attivi, consapevoli e capaci di innovare.
Percorsi formativi personalizzati per ogni fascia d’età
Il progetto educativo prevede una differenziazione dei contenuti e dei metodi in base al grado scolastico, per garantire un apprendimento graduale e coerente:
Nelle scuole primarie, l’insegnamento sarà di tipo esperienziale: attività ludico-educative, coding visuale, utilizzo di strumenti interattivi e simulazioni permetteranno ai bambini di entrare in contatto con il concetto di “intelligenza delle macchine” in modo intuitivo e creativo.
Nelle scuole medie, si passerà a una dimensione più cognitiva: gli studenti saranno guidati nella comprensione di come l’IA viene applicata nella vita quotidiana e nei contesti sociali, stimolando il pensiero critico e l’analisi etica della tecnologia.
Nelle scuole superiori, infine, l’approccio sarà più pratico e progettuale: gli studenti avranno l’opportunità di cimentarsi con veri e propri laboratori di IA, realizzando progetti, applicazioni e prototipi in ambiti come la robotica, la visione artificiale, l'elaborazione del linguaggio e i sistemi intelligenti.
Obiettivo: formare cittadini e innovatori del futuro
Dietro questa iniziativa c’è una visione ben precisa: sviluppare nei giovani un “pensiero computazionale avanzato” e formare una generazione di innovatori digitali. La Cina, da tempo impegnata a diventare una superpotenza tecnologica globale, considera l’educazione uno strumento strategico per sostenere la propria crescita nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Come sottolinea anche Cryptopolitan, il contesto cinese è estremamente dinamico: all’inizio dell’anno, la startup locale DeepSeek ha lanciato un chatbot open-source ad alte prestazioni, ottenendo riconoscimenti internazionali e confermando il fermento del settore. Formare competenze in IA già a partire dall’età scolare è dunque un passo fondamentale per alimentare l’ecosistema dell’innovazione e affrontare in modo proattivo le sfide tecnologiche, economiche e sociali dei prossimi decenni.
Un modello replicabile anche in Europa?
Questa esperienza cinese apre inevitabilmente un dibattito anche in altri Paesi, Italia compresa. Se da un lato c’è chi teme una digitalizzazione precoce, dall’altro emergono sempre più consapevolezze sull’importanza di educare alla tecnologia per non subirla.
L’introduzione dell’intelligenza artificiale a scuola potrebbe rappresentare non solo una svolta didattica, ma anche culturale: formare giovani capaci di interrogarsi sulle implicazioni etiche dell’IA, comprenderne i meccanismi, e utilizzarla in modo responsabile e creativo è oggi una priorità globale.
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